Tiranti di ancoraggio

I tiranti di ancoraggio e le chiodature sono elementi strutturali utilizzati per ancorare al terreno muri di sostegno, paratie e strutture in genere e nel sostegno di fronti di scavo. Sono impiegati anche nella stabilizzazione e consolidamento di pendii soggetti a movimenti franosi e di pareti in roccia.

Un ancoraggio è costituito da un’armatura (a trefoli, barre o tubi) opportunamente dimensionata, inserita in un apposito foro all’interno del terreno. L’elemento interseca così la superficie di potenziale scivolamento, ancorandosi alla massa di terreno stabile.

In relazione alla modalità di sollecitazione, i tiranti possono essere denominati:

  • Attivi: la forza di trazione indotta nell’armatura all’atto del collegamento con la struttura ancorata è superiore alla forza teorica di utilizzazione;
  • Passivi: non viene indotta alcuna presollecitazione iniziale nell’armatura del tirante; la forza di trazione si sviluppa come reazione a seguito di una deformazione dell’opera ancorata, assorbendo gli sforzi di trazione indotti dallo spostamento del terreno.

I tiranti di tipo attivo sono sostanzialmente composti da tre parti funzionali:

  • Testata: è costituita dagli elementi terminali che trasmettono alla struttura ancorata o direttamente in roccia la forza di trazione applicata all’ancoraggio; comprende l’elemento di bloccaggio e la piastra di ripartizione;
  • Parte libera: è costituita dagli elementi che trasmettono la forza di trazione dalla testata alla fondazione dell’ancoraggio.
  • Fondazione: è la parte di ancoraggio atta a trasmettere al terreno la forza di trazione applicata all’ancoraggio.

I sistemi di tipo passivo non presentano invece una parte libera; sono costituiti da una barra di armatura in acciaio cementata per l’intera lunghezza all’interno del terreno. Il sistema tenderà a sviluppare delle tensioni tangenziali di attrito lungo tutta l’interfaccia boiacca-terreno, assorbendo le sollecitazioni di trazione senza alcun pretensionamento iniziale.

I tiranti vengono inoltre suddivisi in due categorie fondamentali in relazione alla loro durata di esercizio:

  • Tiranti provvisori: sono destinati ad esercitare la loro funzione solo in fase costruttiva e provvisionale, o comunque per un periodo tempo limitato e inferiore a 2 anni;
  • Tiranti permanenti: espletano la loro funzione per un periodo di tempo superiore a 2 anni, commisurato alla vita utile dell’opera.

Le tecniche impiegate da Dalla Gassa

La Dalla Gassa srl impiega diverse tecniche per l’esecuzione di tiranti e chiodature. L’impresa, oltre ad occuparsi della messa in opera dei sistemi, dal 2001 è anche produttore di barre autoperforanti con un proprio stabilimento industriale.

In questo campo la Dalla Gassa srl ha sviluppato inoltre un proprio sistema di ancoraggio potenziato ad alta resistenza denominato Ancoraggio Composito Sirive®. Per l’ancoraggio composito la Dalla Gassa srl ha depositato domanda di brevetto europeo nel 2013.

In questo settore l’esperienza acquisita nei numerosi interventi eseguiti, unita alle attrezzature e capacità operative del proprio personale, permettono alla Dalla Gassa srl di installare sistemi di tiranti con sicurezza e qualità.

  • Tiranti a trefoli
  • Tiranti a barra
  • Ancoraggi autoperforanti
  • Ancoraggi compositi

Un tirante di ancoraggio a trefoli è un elemento strutturale composto da una serie di trefoli in acciaio armonico ad alto tenore di carbonio e alta resistenza, con proprietà e caratteristiche meccaniche equivalenti a quelle dei trefoli utilizzati nel calcestruzzo precompresso. Il tirante è connesso al terreno e sollecitato a trazione.

Un tirante a trefoli è composto da tre parti fondamentali:

  • Armatura: è costituita dai trefoli e si suddivide in un bulbo di ancoraggio, cioè la zona in cui i trefoli si ancorano al terreno (fondazione), e in una parte libera, cioè la zona in cui i trefoli non sono cementati ma sono rivestiti con una guaina che consente di tesare i trefoli;
  • Testata di ancoraggio: è costituita da un dispositivo di bloccaggio dei trefoli e da una piastra di ripartizione, che permette il trasferimento del carico di trazione dai trefoli alla struttura ancorata; la testata è costruita in modo tale da poter prevedere il montaggio dell’ancoraggio all’inclinazione di progetto;
  • Tubi di iniezione: attraverso le canalette viene eseguito il getto della boiacca cementizia in pressione all’interno del foro, cementando i trefoli per l’intera lunghezza; si possono eventualmente prevedere anche iniezioni ripetute di boiacca, predisponendo i tubi di specifiche valvole.

L’esecuzione di un tirante a trefoli si sviluppa nelle seguenti fasi:

  • Perforazione: viene eseguito il foro nel terreno tramite rotopercussione o con perforatrice a elica, fino al raggiungimento della lunghezza di progetto del tirante; si può prevedere l’utilizzo di uno specifico rivestimento provvisiorio nei casi in cui esso si renda necessario per il sostegno del foro.
  • Confezionamento e posa: al termine della perforazione, si procede alla preparazione del tirante e al suo inserimento nel foro, con l’eventuale ausilio di appositi centratori.
  • Cementazione: attraverso i tubi di iniezione si esegue il getto in pressione della boiacca cementizia fino alla completa cementazione del foro con all’interno i trefoli precedentemente inseriti.
  • Testata di ancoraggio: viene realizzata la struttura di ancoraggio comprensiva di piastra di ripartizione del carico di trazione, che poggia su di un cordolo in calcestruzzo (o struttura equivalente dal punto di vista funzionale).
  • Tesatura: i trefoli vengono opportunamente tesati alla forza di progetto; al termine vengono bloccati alla testata con appositi cunei blocca-trefoli.

È possibile ritensionare l’ancoraggio in tempi successivi all’installazione. Si può inoltre prevedere l’installazione di particolari accessori di protezione nei casi in cui si renda necessario (ad esempio per ambienti particolarmente aggressivi).

Vantaggi

  • Lunghezza flessibile tramite semplice accorciamento dei trefoli;
  • Facilità di trasporto e installazione anche in grandi lunghezze;
  • Continuità dell’ancoraggio garantita dai trefoli;
  • Possibilità di prevedere un sistema di protezione aggiuntiva (es. ancoraggio dielettrico) in ambienti aggressivi;
  • Carico dell’ancoraggio facilmente calibrabile in funzione del numero di trefoli installati.

Campi di applicazione

  • Consolidamento di muri di sostegno e strutture in genere;
  • Consolidamento di pendii soggetti a movimenti franosi;
  • Ancoraggio di palancolate, paratie e paramenti;
  • Impiego accessorio a opere di fondazione;
  • Tiranti provvisori o permanenti.

Un tirante a barra è un elemento strutturale sollecitato a trazione in esercizio, costituito da una barra in acciaio ad aderenza migliorata inserita nel terreno all’interno di un foro, sostenuto da un tubo di rivestimento provvisorio in fase di perforazione. La barra è costituita da elementi modulari di lunghezza generalmente pari a 3 m, collegati tra loro mediante manicotti di giunzione fino al raggiungimento della lunghezza di progetto.

La barra costituisce l’elemento di armatura e viene solidarizzata al terreno ciscostante tramite cementazione. Questo tipo di tirante è in grado di assorbire anche eventuali sollecitazioni a taglio.

I tiranti a barra possono essere sia di tipo attivo sia passivo, in base alla modalità di applicazione della sollecitazione di trazione. Dove richiesto, possono essere ritensionabili nel tempo. Possono essere utilizzati sia in terra sia in roccia.

L’esecuzione di un tirante a barra si sviluppa nelle seguenti fasi:

  • Perforazione: viene eseguito il foro nel terreno tramite rotopercussione o con perforatrice a elica, fino al raggiungimento della lunghezza di progetto del tirante; si può prevedere l’utilizzo di uno specifico rivestimento provvisiorio nei casi in cui esso si renda necessario per il sostegno del foro.
  • Confezionamento e posa: al termine della perforazione, si procede alla preparazione della barra, confezionata della lunghezza richiesta collegando i vari elementi modulari con manicotti di giunzione. Nel caso in cui si preveda l’esecuzione di un tirante attivo, la parte libera viene protetta con una guaina liscia in PVC e con cappuccio di protezione. Il tirante viene quindi inserito nel foro, con l’eventuale ausilio di appositi centratori, che permettono il completo ricoprimento della barra assicurando una opportuna protezione.
  • Cementazione: attraverso i tubi di iniezione si esegue il getto in pressione della boiacca cementizia fino alla completa cementazione del foro con all’interno la barra precedentemente inserita.
  • Testata di ancoraggio: viene realizzata la struttura di ancoraggio comprensiva di bullone e piastra di ripartizione del carico di trazione, poggiante generalmente su di un cordolo in calcestruzzo o su profilati in acciaio.
  • Tesatura: in caso di tirante attivo, viene opportunamente serrato e tesato alla forza di tiro iniziale di progetto.

Nel caso in cui il tirante sia passivo, il dado e la piastra possono essere inglobati all’interno del cordolo in calcestruzzo, fornendo così protezione alla testata dell’ancoraggio. In casi particolari si può prevedere una protezione aggiuntiva permanente con l’impiego di tiranti dielettrici.

La boiacca cementizia di iniezione dei tiranti può contenere al bisogno additivi antiritiro o espansivi con l’obiettivo di incrementare le condizioni di aderenza tra la barra e il terreno circostante, specialmente se in presenza di argille o rocce tenere.

Vantaggi

  • Le barre sono costituite da elementi modulari in cui i vari elementi sono collegati mediante manicotti di giunzione. Si possono realizzare così tutte le lunghezze possibili, evitando le problematiche conseguenti all’utilizzo di tiranti a trefoli di lunghezza predefinita;
  • Facilità di trasporto e installazione.

Campi di applicazione

  • Consolidamento di muri di sostegno e strutture in genere;
  • Consolidamento di pendii soggetti a movimenti franosi;
  • Ancoraggio di palancolate, paratie e paramenti;
  • Impiego accessorio a opere di fondazione;
  • Tiranti provvisori o permanenti.

Gli ancoraggi autoperforanti sono costituiti da barre in acciaio cave filettate, ottenute per rullatura a freddo, unite da manicotti di giunzione fino al raggiungimento della lunghezza di progetto. Le barre sono dotate di una specifica punta a perdere, di forma variabile in funzione del tipo di terreno da perforare. Nella punta sono presenti alcuni fori da cui fuoriesce la boiacca cementizia di iniezione.

Uno degli aspetti caratterizzanti che rende vantaggioso l’utilizzo degli ancoraggi autoperforanti è la modalità di esecuzione. La barra in acciaio infatti funge sia da armatura del chiodo sia da elemento perforante, rendendo l’installazione facile e rapida.

Durante la fase di perforazione la boiacca cementizia è molto fluida e viene iniettata in pressione attraverso la cavità interna alla barra. La boiacca funge quindi contemporaneamente da sostegno per le pareti e da fluido di spurgo per i detriti di perforazione. Una volta raggiunta la massima profondità di perforazione, viene iniettata una boiacca più densa, che determina la fuoriuscita del fluido di sostegno e la successiva cementazione della barra nel terreno.

L’esecuzione di un ancoraggio autoperforante si sviluppa quindi nelle seguenti fasi:

  • Perforazione: viene eseguito il foro nel terreno tramite rotopercussione con punta a perdere fino al raggiungimento della lunghezza di progetto dell’ancoraggio, con l’iniezione di boiacca molto fluida che funge da sostegno e fluido di spurgo e con l’eventuale ausilio di appositi centratori, che permettono il completo ricoprimento della barra assicurando una opportuna protezione.
  • Cementazione: viene modificata la miscela della boiacca cementizia rendendola più densa, procedendo con l’iniezione a pressione fino alla completa cementazione della barra.
  • Testata di ancoraggio: la barra viene infine congiunta alla parete esterna o alla struttura con un dado e una piastra di bloccaggio.

La Dalla Gassa installa ancoraggi autoperforanti dal 1992. Dal 2001 l’impresa ha trasferito la propria esperienza anche nella produzione di barre autoperforanti (le barre Sirive®) e dei relativi accessori. E’ il primo produttore in Italia.

Le barre autoperforanti Sirive® hanno un carico di rottura che va da 230 kN fino a 1500 kN.

Per ulteriori informazioni e dettagli sulle barre autoperforanti Sirive®, visita il sito web dedicato www.sirive.it.

Vantaggi

  • Realizzabili su qualsiasi tipo di terreno;
  • Facilità di esecuzione anche su pendii o siti impervi, grazie all’utilizzo di macchinari di dimensioni relativamente piccole;
  • Rapidità di esecuzione dell’intervento, in quanto le fasi di perforazione, installazione e cementazione avvengono contemporaneamente (velocità doppia rispetto a un ancoraggio tradizionale con sostegno del foro);
  • Non vi sono tubi di sostegno né aste di perforazione da recuperare, grazie all’utilizzo di bit di perforazione a perdere;
  • Sistema adattabile a varie lunghezze con l’utilizzo di barre modulari e manicotti di giunzione;
  • Basso costo.

Campi di applicazione

  • Soil nailing, consolidamento di fronti di scavo provvisionali o permanenti;
  • Pareti chiodate a verde;
  • Stabilizzazione di pendii, anche con impiego accessorio ad altre tecniche (es. gabbionate);
  • Consolidamento di fondazioni o impiego accessorio a opere di fondazione;
  • Stabilizzazione di gallerie.

Una barra autoperforante tradizionale è ricavata per rullatura da una barra liscia in acciaio dolce. Durante il processo di rullatura a freddo l’acciaio incrudisce: si osserva un incremento della resistenza a rottura, della tensione di snervamento e della rigidezza, a scapito però di una contrazione del campo plastico e una riduzione della duttilità.

Gli ancoraggi compositi nascono dall’idea di accoppiare le prestazioni offerte da una barra autoperforante tradizionale con quelle dei trefoli d’acciaio usualmente utilizzati per i tiranti e più economici. I trefoli sono realizzati in acciaio armonico, altamente resistente e deformabile in campo elastico, con una soglia di snervamento elevata, ma con un rapporto tra tensioni di rottura e di snervamento più basso rispetto all’acciaio dolce. Gli acciai armonici presentano inoltre basso rilassamento, garantendo quindi l’assenza di sostanziali perdite di tensione nel tempo. L’ancoraggio composito assolve al duplice obiettivo di aumentare il carico ammissibile delle barre autoperforanti tradizionali a parità di allungamento in dominio elastico, e allo stesso tempo diminuire le deformazioni plastiche a parità di allungamento.

Nell’ancoraggio composito l’accoppiamento tra barra e trefoli è realizzato attraverso il semplice inserimento di uno o più trefoli nella cavità della barra e la successiva cementazione mediante una speciale iniezione cementizia. L’installazione di una particolare testata di bloccaggio per i trefoli completa il sistema, consentendo il raggiungimento di elevati carichi di rottura senza sfilamento dei trefoli.

L’esecuzione di un ancoraggio composito si sviluppa nelle seguenti fasi:

  • Perforazione: viene eseguito il foro nel terreno con barra autoperforante tramite rotopercussione con punta a perdere fino al raggiungimento della lunghezza di progetto dell’ancoraggio, con iniezione di boiacca cementizia che funge da sostegno e fluido di spurgo e con l’eventuale ausilio di appositi centratori.
  • Cementazione: la miscela della boiacca cementizia viene modificata e addensata, in modo da operare una completa cementazione della barra.
  • Inserimento dei trefoli: prima che la boiacca inizi la fase di presa e indurimento, i trefoli vengono inseriti manualmente nella cavità interna alle barre autoperforanti.
  • Testata di ancoraggio: i trefoli vengono opportunamente tesati e collegati alla barra e alla struttura di ancoraggio con testata blocca-trefoli.

Gli ancoraggi compositi Sirive® hanno un carico di rottura che a seconda delle esigenze progettuali può arrivare fino a 5000 kN.

La Dalla Gassa ha brevettato nel 2012 l’ancoraggio composito, denominato Ancoraggio Autoperforante Sirive® Special. Il sistema è tuttora in fase di studio, grazie ad una collaborazione con il Dipartimento ICEA dell’Università degli Studi di Padova e con il Politecnico di Torino. E’ inoltre in corso la domanda di brevetto europeo.

Vantaggi

  • Minor costo a parità di caratteristiche meccaniche;
  • Alti carichi di rottura e basse deformazioni in esercizio;
  • Durabilità (minore fessurazione, maggiore protezione a corrosione);
  • Semplicità di trasporto e velocità di esecuzione;
  • Lunghezza di ancoraggio adattabile alle diverse condizioni geologico-geotecniche presenti in sito;
  • Maggiore inerzia flessionale e continuità data dal trefolo al rinforzo completo (miglioramento rispetto al solo manicotto).

Campi di applicazione

  • Consolidamento di fronti di scavo;
  • Stabilizzazione di pendii, anche con impiego accessorio ad altre tecniche;
  • Consolidamento di fondazioni o impiego accessorio a opere di fondazione;
  • Stabilizzazione di movimenti franosi.